Le più belle storie della buonanotte per bambini

Leggere una storia della buonanotte prima di dormire aiuta i bambini a rilassarsi e concilia la nanna. Questo rituale può facilitare la routine serale di bambini e genitori, oltre a stimolare la fantasia e ad aprire ai più piccoli mondi davvero speciali.

Avventura e serenità: il giusto equilibrio di emozioni per le storie della buonanotte

Le storie della buonanotte favoriscono lo sviluppo dei più piccoli.

«Un’altra!»: è sicuramente questa la frase che avrete sentito più spesso una volta terminata la lettura di un’avvincente storia della buonanotte. Il fatto che la sera i bambini non siano stanchi e vogliano continuare a restare svegli dopo aver ascoltato la prima fiaba è dovuto alla loro instancabile curiosità e immaginazione, legate alla voglia di sapere tutto e subito. Cercate di assecondarli e godetevi questi preziosi momenti insieme, rispondendo: «Va bene, ancora una».

Mentre ascoltano rapiti e attenti, con una storia della buonanotte i bambini riescono a distogliere il pensiero proprio da ciò che non li fa dormire (come capita anche agli adulti, a dire il vero): l’idea stessa di doversi addormentare. Spesso, infatti, è proprio il pensiero fisso di dover dormire che ci fa stare a letto con gli occhi spalancati. Ascoltare una storia – o anche una filastrocca della buonanotte – prima di andare a dormire distoglie i bambini da questo pensiero: trasportati in un mondo pieno di immagini fantastiche, dimenticano che è necessario addormentarsi, si rilassano e scivolano dolcemente nel mondo dei sogni.

Perché è importante leggere le fiabe ai bambini

Leggere le fiabe ai bambini ha molti benefici. Favorisce lo sviluppo linguistico e personale, l’apprendimento della lettura e le capacità cognitive. Ecco perché regalare libri ai bambini è sempre una buona idea: i libri a disposizione non sono mai troppi e i genitori possono scegliere così tra tante storie diverse e immergersi in avventure sempre nuove con i loro piccoli. La lettura ad alta voce favorisce anche il rapporto tra genitori e figli, perché ci si ritaglia un momento tutto per sé, lontani dalla quotidianità e dagli impegni, senza la distrazione di telefonini e TV.

Una selezione di storie della buonanotte per bambini

Un’avvincente storia della buonanotte non soltanto stimola la fantasia e rafforza il legame con i genitori, ma favorisce anche diversi aspetti dello sviluppo del bambino. Vi presentiamo una selezione di brevi storie della buonanotte che accompagneranno i vostri piccoli verso sonni tranquilli e ricchi di fantasia.

C’era una volta uno spazzolino color giallo canarino. Il suo nome era Lino, e apparteneva a un simpatico bambino. Il bambino, tuttavia, spesso si dimenticava di lavarsi i denti e Lino si annoiava. Lamentandosi con il suo amico bicchiere, piagnucolava: «Anche oggi Luca si è dimenticato di lavare il suo dentino. Non mi ha usato neanche prima di andare a dormire». «Dovresti essere contento di non fare nulla e goderti la bella vista da quassù», rispondeva fiero e brillante l’amico bicchiere. «Beati voi che potete muovervi ogni tanto, io resto sempre fermo qui», brontolava il rubinetto. «Ho deciso, vado a fare un giretto per la casa!». «Non farlo!», supplicò l’amico bicchiere.

Ma Lino spazzolino con un bel balzo era già sul pavimento e, saltellante, si avviava ad esplorare l’appartamento. La porta verso le scale era aperta, e in un attimo si ritrovò in una stanza spaziosa al piano terra. Davanti a un cavalletto c’era una donna che indossava un grembiule pieno di macchie colorate: stava applicando uno spesso strato di colore su un quadro, e quando mise da parte un attimo il suo pennello, si voltò e vide Lino spazzolino. «Con questo otterrò proprio l’effetto che volevo!», disse, e in un attimo lo afferrò. Splash! Lino fu scaraventato con tutte le setole della testa in una valanga di colore a tempera. «Bleah!» Lino era inorridito, tutto ricoperto di colore. In un attimo sgattaiolò via e si ritrovo nel locale lavanderia, al piano di sotto. Si lavò accuratamente e si sdraiò sul bordo del lavandino per asciugarsi. Ma ecco entrare una bambina con in mano un paio di stivali tutti sporchi. Impugnando Lino spazzolino, la bambina iniziò a strofinarlo con forza sulle scanalature delle suole per rimuovere tutta la terra. Soddisfatta, gettò Lino sul pavimento e lasciò la stanza canticchiando. «Che schifo!» Lino riusciva a stento a crederci: era tutto ricoperto di terra ed erba! Ancora una volta si immerse sotto il getto di acqua ghiacciata per ripulirsi.

Una volta finito, fece ancora qualche balzo verso la cantina. Il soffitto era basso, una lampadina emanava una luce fioca. Lino trovò il coraggio di avvicinarsi. Sotto la flebile luce della lampadina scoprì inquietanti ombre che si muovevano lungo la parete. «Mimì, cosa ci fai qui al buio?», chiese Lino stupito quando vide in un angolo il topolino di peluche di Luca. Ma si era sbagliato: era proprio un ratto vero, grigio e grosso, che si aggirava per la vecchia cantina. E dietro di lui ce n’erano altri! «Un riccio!», esclamò uno dei ratti più giovani. Uno dei ratti capibanda spinse via il ratto giovane e si lanciò con impeto su Lino spazzolino, affondando i suoi denti affilati nel suo manico. «Ahia!», Lino lanciò un grido che fece scappare via tutti i ratti. Iniziò a correre più forte che poteva, ora voleva solo tornare a casa. Arrivò senza fiato nella stanza da bagno. «Ma cos’è successo?», gridò il bicchiere. «Sei forse caduto nella sabbiera?», aggiunse il rubinetto. «Smettila di dire sciocchezze e piuttosto apri subito l’acqua», ordinò Lino e si tuffò nel lavandino. All’improvviso una donna entrò in bagno e, scuotendo la testa, disse: «Luca è davvero un pigrone, non mette a posto neanche il suo spazzolino!» Afferrò Lino spazzolino, che giaceva tutto bagnato nel lavabo, e lo rimise a posto nel suo bicchiere. Lino tirò un sospiro di sollievo e, avvolto dalla stanchezza, poco dopo si addormentò.

Testo: Brigitte Jerg

È solo un sogno? «Che noia! Che barba! Che pizza queste giornate!». Dal portapenne sulla scrivania di Leo si sentì borbottare: «Ci ha proprio dimenticati e non ha tempo per noi», si lamentò il pastello rosso. «Quando andava ancora a scuola, Leo colorava sempre insieme alla nonna. Castelli, chiese, giardini, montagne, alberi: era davvero bravissimo.» «Che bei tempi», sospirarono in coro tutti i pastelli. «Tu, matita, sei l’unica che viene usata ancora ogni tanto», borbottò il pastello giallo. «Non lamentatevi, almeno le vostre mine e punte sono ancora a posto», si lamentò la matita. «Leo spesso è distratto e mi fa cadere sul pavimento. Ogni volta la mia mina e la punta si spezzano, mi infila continuamente nel temperamatite e mi accorcio sempre di più. E quando si annoia, mi rosicchia. Che male!» «E noi cosa dovremmo dire? Siamo utili solo sotto le feste», brontolarono il pennarello oro e quello argento. «Non ne posso più, dobbiamo fare qualcosa. Oramai ci muoviamo solo quando la mamma deve spolverare», sbottò il blu. «Diamo una svolta a questa vita noiosa», esclamò il verde. «Sì», gridarono tutti in coro «stanotte è la volta buona!». La grande gru giocattolo, anch’essa annoiata, aveva sentito la rivolta dei colori. Voleva dare una mano, così sollevò delicatamente i pastelli dal loro contenitore. L’arancione, il rosa, il turchese, il viola e il marrone erano i più impazienti. Anche l’elicottero in cima all’armadio era pronto a dare una mano. Fece girare le eliche e rombare la sua batteria. «È tutto a posto, sono pronto a partire, vi porto io fuori da qui», affermò offrendo il suo aiuto. Vicini vicini, i pastelli volarono via a bordo dell’elicottero attraverso la finestra semiaperta dirigendosi nella notte verso la stella più grande e splendente. Una volta arrivati, cominciarono a colorare instancabili tutti i disegni fatti dalla matita. Ai pennarelli oro e argento spettò il tocco finale. «È stato bellissimo», esclamarono tutti in coro. Erano stanchi, ma le loro punte brillavano di gioia. La stella che avevano colorato sorrideva felice per il suo nuovo, splendido vestito di mille colori: ora poteva dire addio alla monotonia del bianco! Danzava in cerchio inebriata di gioia. Quasi tremava, perdeva l’equilibrio, cominciò a fare capriole. E, all’improvviso, cadde dal cielo e, dolcemente, atterrò nei sogni di Leo lasciando dietro di sé una scia colorata.

Quando Leo si svegliò, ebbe l’impressione che i pastelli sulla scrivania brillassero un po’ più del solito. L’elicottero era parcheggiato al suo posto sull’armadio e la gru... – Non l’aveva forse lasciata più lontano dalla scrivania? Era solo un sogno? Leo scese dal letto, era domenica mattina e improvvisamente aveva voglia di colorare. Si mise alla scrivania, prese un foglio bianco e, uno per uno, cominciò a usare diligentemente tutti i pastelli. Il risultato fu la più bella stella colorata che avesse mai disegnato. Era per la sua mamma, che gli raccontava sempre tante belle storie della buonanotte. La ritagliò con cura e, facendosi aiutare, la appese alla finestra. Da allora, la stella è ancora lì e, con il suo tripudio di colori, inonda la casa in tutte le stagioni: in inverno, primavera, estate e autunno, perfino a Natale.

Testo: Christa Jaberg

«È per me, nonna, vero?», esclamò emozionata Sofia spingendosi in avanti sulla punta dei piedi e tendendo le manine sporche di cioccolato verso la nonna. «Certo tesoro! Sapevo che ti sarebbe piaciuto!», rispose la nonna sorridendo e allungò il palloncino nelle mani della nipotina.

Sofia scappò via veloce in cima alla torre della sua giostra da giardino, da sempre il suo nascondiglio segreto. Intanto tutti gli adulti erano intenti a scrivere i loro nomi e indirizzi su delle cartoline appositamente preparate per la grande gara.

Ogni anno, per suo compleanno, la nonna era solita organizzare una grande festa in giardino con una sorpresa finale, e quest’anno si trattava proprio di una gara di palloncini! Arrivata nel suo nascondiglio, Sofia aprì il pugno e rilasciò il palloncino, che volò via impazzito in tutte le direzioni fino ad afflosciarsi a terra. Ma con i suoi colori vivaci, continuava a risplendere come illuminato da una luce e i cinque, grandi puntini argentati sulla sua superficie ricordavano a Sofia tante splendenti lune piene. Anche se, pensandoci, forse in realtà non aveva mai visto più di una luna piena. «Sei bellissimo», disse Sofia al palloncino e gli diede un bacino su ogni puntino. «Hihi, hihi, mi fai il solletico! Smettila, hihi!» sghignazzò una vocina. Il sorriso scomparve dal volto di Sofia lasciando spazio al terrore: con gli occhi e la bocca spalancati, si guardò intorno con sospetto per capire da dove venisse quella voce. Deve essere sicuramente Albi, detto occhio d’aquila, pensò. In un attimo si rizzò in piedi e afferrò il palloncino con la mano sinistra. Cominciò a perlustrare la sua torre, la scala, lo scivolo e tutta l’area circostante: si sentiva come la padrona di un castello. Tutto era sotto controllo, non c’era in giro nessuno. Albi occhio d’aquila era in realtà suo cugino Alberto, che aveva l’abitudine di immischiarsi sempre dappertutto e per questo non era molto amato dai bambini. Sofia aveva subito sospettato che potesse essere lui.

«Ahi, non stringere così forte! E poi hai la mano tutta sudata!», aggiunse la vocina. Sofia aprì la mano e fissò il palloncino. «Cosa hai da guardare? Un attimo fa mi hai detto che ero bellissimo e ora vorresti distruggermi? Non me lo merito di certo». Sofia rimase sbigottita. Ci mise un po’ a riprendersi e il suo stupore piano piano lasciò il posto a un sorriso. «Ciao. Ma quindi sai parlare. Che bello!» Ora quasi gridava per la felicità. «Certo! Perché ti stupisci? Anche tu sai parlare, del resto! E poi dobbiamo darci una mossa, queste smancerie non ci faranno certo vincere la gara!» Sofia restò di nuovo senza parole. Sussurrò piano: «Ok. Quindi vuoi partecipare alla gara con tutti gli altri palloncini?» «Ovviamente!», rispose il palloncino quasi gridando per l’emozione. Sofia fece per scappare via, quando sentì un pizzico alla mano. «Ahi, cosa fai?» chiese arrabbiata. «Devo dirti ancora una cosa», sussurrò il palloncino. «Fai esattamente le tre cose che ti dico e tornerò sicuramente da te!» – «Davvero? Sei un palloncino magico?», sussurrò Sofia tutta speranzosa. In quel momento il palloncino scintillò come un diamante al sole e per un attimo si illuminò, prima di cominciare: «Allora, come prima cosa dipingi un volto su uno dei miei puntini d’argento. Voglio sorridere! Sorridere è bello, e io voglio essere sempre allegro. Secondo: non gonfiarmi troppo. Altrimenti mi sento pieno proprio come la tua pancia quando mangi troppa torta e non ti si chiudono più i pantaloni. Terzo: legami a un filo con cinque nodi. Il primo mi aiuterà ad avere il vento favorevole, il secondo farà splendere il sole, il terzo respingerà la pioggia, il quarto chiamerà una nuvola se sono stanco e il quinto un uccellino se sono in difficoltà». Sofia ascoltava con attenzione, ma non riusciva a credere alle sue orecchie. «Sto forse sognando?», si chiese in silenzio. I suoi pensieri furono interrotti da un forte applauso: la famiglia si preparava a iniziare la gara. Tutti erano pronti ai blocchi di partenza, tranne Sofia. «Fermi, aspettate!», gridò. Scese velocemente dalla torre e corse verso la nonna. «Nonna, ti prego, aspettami. Arrivo tra un attimo!» Prese un pennarello e disegnò un bellissimo sorriso su uno dei puntini del palloncino. Mentre la mamma lo gonfiava con il gas, Sofia vide che il volto gli faceva l’occhiolino. Era un segnale, Sofia lo capì immediatamente e disse alla mamma: «Così va bene, grazie». Corse veloce al tavolo su cui erano appoggiati i fili e le cartoline. Mentre annodava pensava alle parole del suo palloncino magico. Per fortuna la mamma aveva già preparato la cartolina, e Sofia la attaccò in un attimo al filo. Era tutto pronto.

«Ciao amico mio. Abbi cura di te e torna a trovarmi!», sussurrò Sofia. Il palloncino brillò nuovamente con colori più intensi che mai. La gara ebbe inizio, tutti lasciarono andare i loro palloncini, gridavano, ridevano e incitavano il loro palloncino ad arrivare lontano. Mentre stava per rilasciare il suo palloncino, Sofia sentì una vocina: «Dammi un bacino, ci vediamo presto». Sofia diede un bacino al suo palloncino sorridente e lo lasciò volteggiare via. Cominciò ad agitare le braccia per salutarlo, si arrampicò veloce sulla sua torre e lo vide diventare sempre più piccolo, fino a quando non scorse un ultimo puntino dorato all’orizzonte, che presto scomparve. Passava il tempo e Sofia pensava ogni giorno al suo palloncino con i puntini argentati. «Tornerà?», si chiedeva ogni giorno. Erano passati più di quattro mesi e alcuni parenti avevano già ricevuto le loro cartoline. Il palloncino di Maria, per esempio, era arrivato in Germania, ma questo è ancora niente: quello di Alice era stato ritrovato in Slovenia e Matteo aveva un nuovo amico di penna addirittura in Bulgaria. Esattamente cinque mesi dopo il compleanno della nonna, al ritorno dall’asilo Sofia trovò sul tavolo una lettera. Trattenne il respiro: era lui, lo sapeva! «Evviva, è tornato!». Per la gioia, cominciò a saltellare intorno alla sedia. Era invasa dalla felicità, e non tanto per i caratteri arabi stampati sulla busta, ma perché riusciva a intravvederlo attraverso la carta: eccolo, era tornato da lei, con i suoi colori brillanti e i puntini color argento. Le si riempirono gli occhi di lacrime: gli amici mantengono sempre le promesse!

Testo: Yvonne Dmitriev-Schmocker

Fuori era già buio e Mia e Liam erano già a letto. Ma i due bambini non riuscivano ad addormentarsi: era stata una giornata piena di avventure. Per la prima volta avevano avuto il permesso di cavalcare un pony; che emozione! All’improvviso la porta della cameretta si aprì leggermente ed entrò Fiocco, il loro gatto nero, che amava passare la notte sul letto dei bambini.

Il silenzio avvolse la stanza, quando all’improvviso si sentì un tonfo provenire dall’angolo sinistro. I due bambini sussultarono: «Che succede?» Videro una sfera bianca e luminosa che si muoveva su e giù avvicinandosi lentamente. Quando fu abbastanza vicina, Mia e Liam riuscirono a scorgere una bambina con un paio di ali. Liam chiese: «Chi sei e cosa ci fai nella nostra stanza?» La strana creatura con le ali rispose con una voce cristallina: «Sono Lily, una fatina, e ho assolutamente bisogno del vostro aiuto!» «Non so se possiamo aiutarti adesso, per noi è ora dormire. La mamma non sarà contenta di sapere che siamo ancora svegli», disse Liam. Lily, tuttavia, disse: «È perfetto, perché in realtà potete darmi una mano soltanto nel sonno». E iniziò: «Vengo dal regno degli spiriti, ma posso viaggiare attraverso portali temporali per arrivare nel vostro mondo, dove alcuni di voi, soprattutto i bambini, riescono a vedere noi creature fatate. Ma a mano a mano che crescono, i bambini perdono questa capacità e così diventiamo invisibili ai loro occhi. Ciò ci rende molto tristi, perché amiamo stare in contatto con voi esseri umani. Da poco, nel nostro regno è nato un bellissimo unicorno di nome Bling-Bling. Ero stata incaricata di restare al suo fianco affinché non gli accadesse nulla: sapete, noi fatine siamo gli angeli custodi di piante e animali. Ma è successo che, mentre giocava, Bling-Bling si è avvicinato a un portale a forma di cerchio che emanava una luce tra il blu e il violetto. È una portal che ci permette di viaggiare in altre dimensioni, e Bling-Bling, attraversandolo, è arrivato nel vostro mondo. Il problema è che, visto che qui da voi nessuno crede più agli unicorni, Bling-Bling è rimasto intrappolato nell’interregno e non può più tornare indietro, perché il portale si è chiuso. È ancora un puledrino e non avrebbe mai dovuto attraversare il portale da solo. L’unico modo per salvarlo è attraversare con me il portale: vi porterò nel regno degli spiriti, dove incontrerete la regina delle fatine. Ciò permetterà di squarciare il velo che separa i nostri due mondi, facendo riaprire il portale per far tornare a casa Bling-Bling. Stanotte è davvero l’ultima occasione, perché con la rotazione terrestre si spostano anche i portali». Tutti – compreso Fiocco – avevano ascoltato con attenzione e, senza esitare neanche un attimo, decisero di aiutare Lily e Bling-Bling. Per fare ancora più in fretta, Lily aveva portato con sé un sacchetto di polvere di sogni: sembrava un pulviscolo di stelle, e bastò cospargerne un po’ sulle palpebre dei bambini per farli cadere in un sonno profondo. Nel sogno, uscirono dai loro corpi addormentati e seguirono Lily fuori dalla finestra della cameretta. Anche Fiocco saltò giù dal letto e li seguì.

Passarono pochi secondi, e grazie alla forza del pensiero, si ritrovarono proprio davanti alla regina delle fatine: il portale si riaprì e Lily riuscì a riportare indietro Bling-Bling. Ce l’avevano fatta, che emozione! Si abbracciarono piangendo lacrime di gioia. Era giunto il momento di salutarsi: Lily riportò a casa i bambini e Fiocco, tutti si ricongiunsero con i loro corpi addormentati e continuarono indisturbati i loro sogni d’oro. Lily sorrise e tornò nel suo regno: missione compiuta!

Testo: Daniela Weber

«Su, venite a giocare con me in giardino!» Disse Tommy all’orsacchiotto Max che, annoiato, aveva lo sguardo fisso nel vuoto della cameretta. Filù, l’orsetto più piccolo che era seduto accanto a Max, visibilmente eccitato esclamò felice: «Sì, arriviamo!» Ma l’orsacchiotto Max si limitò a scuotere la sua grande testa marrone e a brontolare: «Non mi va. Fuori fa freddo, c’è vento e...».

«Uffa, sempre la stessa scusa. Ti faccio vedere che bel tempo c’è oggi», disse Tommy, afferrò i due orsacchiotti sottobraccio e corse alla finestra. Era vero: la giornata era fredda ma asciutta, e in giardino il pupazzo di neve sbrilluccicava sotto i raggi di un bellissimo sole. Tommy cercò di convincere Max: «Guarda, anche il pupazzo di neve ha tanta voglia di giocare con noi». «Non mi va!», borbottò Max, e il piccolo Filù scosse la testa davanti a così tanta pigrizia.

Nel frattempo, il pupazzo di neve aveva notato i tre alla finestra e cominciò a salutarli agitando con così tanta energia la scopa che quasi stava per perdere il suo grosso naso-carota. «Venite fuori al sole!». Ma l’orsacchiotto Max fece di no con la testa. Tommy aprì la finestra e gridò al pupazzo di neve: «Max non vuole venire a giocare. Dice che fuori fa troppo freddo». Il pupazzo di neve rispose: «Ora vengo a prenderlo io!» Sradicò da terra le sue possenti gambe bianche e con passi pesanti si avvicinò verso la porta. Infilò la scopa nella neve e bussò. «È arrivato il pupazzo di neve, è arrivato il pupazzo di neve! Benvenuto!», gridarono felici Tommy e Filù. L’orsacchiotto Max si limitò a borbottare tra i denti qualcosa di incomprensibile mentre il pupazzo di neve si puliva le scarpe ed entrava nel salotto. «Qui siete proprio al calduccio.

Fareste meglio a venire un po’ fuori, l’aria fresca fa bene!» Ma Max scosse di nuovo la testa: «Non mi va e basta!» Il pupazzo di neve sorrise: «Vedrai che ti facciamo cambiare idea in un attimo!» Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una bacchetta magica dorata, la agitò in aria e recitò una formula magica. All’improvviso l’acqua nei due vasi di fiori si congelò, il fuoco della stufa si spense e l’orsacchiotto Max e l’orsetto Filù iniziarono a tremare. I fiori nel vaso si ricoprirono in un attimo di cristalli di ghiaccio e il pavimento sembrava una pista di pattinaggio!» Il pupazzo di neve sorridendo disse a Max: «Se non vuoi congelare, vestiti subito e vieni fuori con noi!». Tommy, tutto felice, si infilò nel suo caldo piumino, l’orsacchiotto Max si avvolse uno sciarpone di lana intorno al collo e il piccolo Filù indossò orgoglioso un foulard rosso che svolazzava mosso da un leggero venticello. Max brontolò imbronciato: «E va bene, andiamo a giocare». Tommy prese il suo slittino dalla cantina, il pupazzo di neve afferrò la sua scopa e insieme corsero verso il giardino ricoperto di un manto bianco.

«Aspettate, devo fare ancora una cosa, ci metto solo un attimo», disse il pupazzo di neve e mentre tornava veloce verso la porta. Tirò fuori la bacchetta magica dorata e ripeté la sua formula magica. Immediatamente l’acqua nei vasi di fiori del salotto tornò liquida, il fuoco della stufa ricominciò a crepitare allegramente e il pavimento ghiacciato si asciugò in un attimo. «Quasi mi dimenticavo di sciogliere l’incantesimo di ghiaccio», sorrise il pupazzo di neve. Allora l’orsacchiotto Max scosse la sua grossa testa marrone e, accennando un sorriso, ammise: «Mi avete turlupinato! Ma visto che ormai sono fuori, vengo anch’io in slitta con voi». Tommy, il piccolo orsetto Filù e il pupazzo di neve erano felici per il loro amico: era davvero bello non vederlo più annoiato in un angolo!